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Un grido d'aiuto rivolto all'Humanitas

Seneca (4 a.C.- 65 d.C.): Epistulae morales ad Lucilium, 95, 51-53


"Quae damus praecepta? Ut parcamus sanguini humano?"

Quali cose diamo come insegnamenti? Per non spargere il sangue umano?


"Magna scilicet laus est si homo mansuetus homini est. Praecipiemus ut naufrago manum porrigat, erranti viam monstret, cum esuriente panem suum dividat?"

È senza dubbio un grande merito se l'uomo è mite con l'altro uomo. Insegneremo a porgere la mano al naufrago, a mostrare la strada a colui che erra, a dividere il proprio pane con chi ha fame?


"Membra sumus corporis magni"

Siamo le membra di un grande corpo.


"Natura nos cognatos edidit, haec nobis amorem indidit mutuum et sociabiles fecit"

La natura ci ha creato parenti, ci ha infuso amore reciproco e il dovere della solidarietà operosa.


"Haec habeamus: in commune nati sumus; societas nostra lapidum fornicationi simillima est, quae, casura nisi in vicem obstarent"

Teniamo presente questo concetto: siamo nati per la società; la nostra società è molto simile ad una volta di pietre, la quale sarebbe destinata a cadere se le pietre non si reggessero a vicenda.



Nella nota introduttiva al testo di Carlo Pascal "L'oltretomba dei pagani", Fenili scrive che il mondo degli antichi non è fatto di "morte e farfalle da infilzare con gli spilli e da conservare nelle bacheche, ma è un mondo che propone riflessioni sempre attuali perché appartengono alla sfera dell'essere e quindi sono sottratte alle vicissitudini del divenire".

In questo degrado del ventunesimo secolo, dove ognuno pensa solo a se stesso senza mostrare nessun interesse per gli altri, uno spunto di riflessione potrebbe arrivarci dal passato, in particolare dal concetto di Humanitas.

Questo termine trae la sua origine nella cultura greca e in particolare dalla φιλανθρωπία, termine composto di φιλία «amore» e ἄνθρωπος «uomo» che indica, quindi, l'amore e il rispetto nei confronti degli uomini e nasce dalla consapevolezza della comune vulnerabilità di fronte ai colpi della sorte.

Cicerone rielabora questo concetto integrando l'ambito della cultura e della conoscenza, basata su un modo di essere, un comportamento identificabile nell'urbanitas. Essa prevede il rispetto verso gli altri, la raffinatezza, il decoro, l'educazione, la grandezza d'animo e la clementia.

Su quest'ultimo concetto si basò il comportamento di Cesare in guerra nei confronti degli sconfitti. I personaggi politici per il bene dello Stato, dovevano immedesimarsi nei loro avversari per comprendere il significato delle loro idee e solo successivamente valutarne il valore, magari scoprendo ideali giusti da condividere e diffondere.

In quest'ottica il concetto di Humanitas venne ulteriormente ripreso da Bobbio nel 1900 nell'ambito politico inteso come arte di convivenza tra gli uomini.

Egli ritiene che il compromesso, a differenza della connotazione negativa che gli attribuiamo oggi, sia positivo nel momento in cui si presuppone una politica alta e colta, predisposta all'ascolto dell'altro, affinché emerga il maggior benessere per lo Stato e i suoi cittadini.

Oggi più che mai questi ideali dovrebbero essere conosciuti e riconosciuti nella politica internazionale affinché possano guidare le decisioni verso il rispetto reciproco delle libertà. Infine l'Humanitas può essere intesa come salvezza, come sostiene la filosofa russa Helena Blavatsky: "Ne deriva perciò che soltanto quello che è nobile, spirituale e divino nell'uomo può testimoniare per l'eternità che l'uomo ha vissuto", sopravvivendo alla morte e al tempo.



Costella (5°A), Vignali (5°A), Pessina (3°A).


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