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GOLPE BORGHESE

Cari lettori, pochi giorni fa era il 2 giugno, una giornata dedita a ricordarci i valori che collettivamente il popolo italiano stabilì e accettò dopo le atrocità della guerra. Per tal motivo, nella nostra umile redazione, abbiamo sentito la necessità di raccontare una storia non particolarmente nota.

Nella giornata del 2 giugno 1946 la monarchia fu rifiutata e nacque la repubblica per come la conosciamo, per tal motivo noi ricordiamo questo giorno.

Più di un anno dopo, il 1° gennaio del 1948, la costituzione italiana venne pubblicata e approvata, simbolo massimo dei valori da noi incarnati.


Oggi abbiamo deciso di riportare un avvenimento, attraverso il quale abbiamo capito quanto semplice sia perdere i valori fondamentali della nostra patria. Valori costituiti dagli aspetti della libertà, della fratellanza e della pace.

Un avvenimento che ha costituito uno dei più grandi misteri irrisolti della storia italiana: il più grande attentato alla nostra Democrazia.

Un attentato che ha avuto luogo la notte tra il 7 e l’8 dicembre dell’anno 1970 nel nostro paese, organizzato da Junio Valerio Borghese.


Di famiglia aristocratica, nato nell’anno 1906, Junio Valerio Scipione Ghezzo Marcantonio Maria dei Principi Borghese, fu il fondatore del Fronte Nazionale. Intraprende una effettiva carriera militare nel 1929 nel corso della quale ottiene il primo titolo di rilevanza: sottotenente di vascello. Ma il vero picco di carriera è raggiunto durante la Seconda Guerra Mondiale, con la promozione a capitano di fregata. Ciò che è veramente centrale però per una conoscenza più approfondita riguardo al protagonista della nostra storia, lo troviamo nel secondo dopoguerra.

Ma per comprenderlo meglio, risulta necessario uno sguardo a quello che è il contesto, ovvero la Guerra Fredda e gli anni di piombo.

Tale contesto vede il mondo spaccato in due fazioni contrapposte (sebbene vi siano eccezioni): blocco statunitense capitalista e blocco sovietico comunista. Tale accesa contrapposizione si poteva trovare nella situazione di politica interna italiana.

Spesso si tende a considerare solo gli aspetti riguardanti i due grandi rivali protagonisti di questo conflitto, ovvero il Partito comunista e la Democrazia cristiana.

Nel periodo tra il ‘60 e il '70 e fino all'80 vi era una forte instabilità politica.

Il paese era politicamente teso dalla situazione che vedeva la maggioranza del partito democristiano e dal partito comunista più grande d’Europa. Nel 1969 a Milano, più precisamente a Piazza Fontana, venne fatta esplodere una bomba che causò non poche vittime e l’anarchico Giuseppe Pinelli venne accusato e morì in circostanze poco chiare.

Aleggiava una forte tensione ed erano estremamente comuni gli atti di terrorismo nero e rosso.

La vicenda di Pinelli e delle stragi sono esempi che ci permettono di comprendere il contesto di tensione e di violenza politica in cui il paese si trovava durante gli anni di piombo.

Oltre ai due partiti protagonisti degli anni di piombo vi era un terzo (in senso elettorale era assai minoritario) che riguarda la nostra storia: il Movimento nazionale, fondato da nientemeno che Borghese.


Il Movimento nazionale, Partito di estrema destra fondato nel ‘68, riprendente in modo esplicito ideologie di tipo fascista, ha l’intento di riportare in auge quello che costituì l’incubo di qualche anno precedente.

Il primo, unico e quasi riuscito tentativo in questa direzione ebbe luogo attraverso i collegamenti del Partito ai reparti deviati dell’esercito e dei servizi segreti. Infatti non era poco, tra i reparti dell’esercito, il personale ancora aderente alle idee fasciste. E’ proprio tale personale che andrà a attuare il golpe con la direzione di Junio Valerio Borghese e della Avanguardia Nazionale.

Ad un anno di distanza dall’attuazione del golpe, Borghese aveva già iniziato ad elaborare il piano, con il supporto di reparti dell'esercito, reparti dei servizi segreti (SID) e numerosi imprenditori.


«Italiani, l'auspicata svolta politica, il lungamente atteso colpo di Stato ha avuto luogo. La formula politica che per un venticinquennio ci ha governato, e ha portato l'Italia sull'orlo dello sfacelo economico e morale ha cessato di esistere. Nelle prossime ore, con successivi bollettini, vi saranno indicati i provvedimenti più importanti ed idonei a fronteggiare gli attuali squilibri della Nazione. Le forze armate, le forze dell'ordine, gli uomini più competenti e rappresentativi della nazione sono con noi; mentre, d'altro canto, possiamo assicurarvi che gli avversari più pericolosi, quelli che per intendersi, volevano asservire la patria allo straniero, sono stati resi inoffensivi. Italiani, lo stato che creeremo sarà un'Italia senza aggettivi né colori politici. Essa avrà una sola bandiera. Il nostro glorioso tricolore! Soldati di terra, di mare e dell'aria, Forze dell'Ordine, a voi affidiamo la difesa della Patria e il ristabilimento dell'ordine interno. Non saranno promulgate leggi speciali né verranno istituiti tribunali speciali, vi chiediamo solo di far rispettare le leggi vigenti. Da questo momento nessuno potrà impunemente deridervi, offendervi, ferirvi nello spirito e nel corpo, uccidervi. Nel riconsegnare nelle vostre mani il glorioso TRICOLORE, vi invitiamo a gridare il nostro prorompente inno all'amore: ITALIA, ITALIA, VIVA L'ITALIA!».

Questo è ciò che gli italiani la notte del 7 dicembre avrebbero dovuto ascoltare dalle loro radio e televisioni una volta preso il palazzo della Rai da parte di Borghese. Infatti il piano prevedeva l’occupazione del Viminale (Ministero dell’interno), dei centri di telecomunicazione e del Palazzo Baracchini. 200 uomini della forestale sarebbero dovuti penetrare nelle armerie, armarsi, eliminare i maggiori ministri del Parlamento e rapire il presidente della repubblica Giuseppe Saragat per delegittimare la forma di governo vigente, ovvero la democrazia, con l'obiettivo di far tornare in vigore il regime fascista.

Si è trattato di un piano irrealizzato che fortunatamente è rimasto tale.


Il 6 dicembre inizia il piano. 180 uomini della forestale si dirigono verso la sede della Rai di Via Teulada a Roma, gli uomini del Movimento Nazionale entrano nel Viminale, raggiungendo l’armeria e iniziando ad armarsi.

Sono le ore 01:40 quando arriva dall'ufficio centrale della direzione del golpe la telefonata che annulla il piano. É lo stesso Borghese ad ordinare agli uomini della forestale e al Movimento Nazionale entrati nelle armerie, di ritirarsi immediatamente e abortire il piano.


Dopo la ritirata passano 3 mesi, e il 17 marzo del ‘70 il quotidiano Paese pubblica un articolo che svela il tentato golpe, iniziato e concluso nel corso dello stesso giorno. Inizia così la diffusione del caso mediatico riguardante questo avvenimento e avviene una grande inchiesta.


Alcuni golpisti vengono arrestati, Borghese fugge nella Spagna franchista. In mancanza di prove (le prove presenti erano solo indiziarie) i golpisti non vanno incontro all’arresto ma sono tutti scagionati. Nel ‘74 l’allora ministro della difesa Giulio Andreotti presenta un dossier estremamente accurato sull’organizzazione del golpe, ottenuto dal generale Gianadelio Maletti. Un dossier costituente la prova del fatto che il capo del SID, Vito Miceli avesse avuto contatti con Borghese per quel che riguarda l’attuazione del golpe. Vengono arrestati 80 golpisti, molti provenienti dall’ambiente militare tra cui Vito Miceli, e vengono condannati a oltre 400 anni di carcere per insurrezione armata e cospirazione politica.

Nel 1984 tuttavia la Corte d’Assise fa cadere l’accusa di insurrezione armata dato che i golpisti non hanno avuto il tempo materiale per usare le armi e i 200 uomini della forestale si dichiararono innocenti poiché sostenevano di essersi trovati davanti alla sede della Rai per caso. Rimase l’accusa di cospirazione politica per cui i condannati scontarono 5 anni di prigione mentre Vito Miceli venne scagionato.


Il motivo per cui abbiamo sentito la necessità di narrare questo evento è ricordare ai lettori due fatti: ciò di cui ci siamo liberati sancendo la nostra attuale forma di governo e l’eterno pericolo del fascismo. Pur essendoci liberati dall’incubo che fu il regime, tale incubo può sempre tornare. Non sono in pochi coloro che ancora oggi inneggiano al fascismo e al nazismo.

Il pericolo del totalitarismo è sempre presente, anche nelle più piccole situazioni o azioni esso serpeggia in maniera subdola e può attaccare ogni ambiente. Per questo ci sarà sempre bisogno di persone pronte a resistere a schiacciarlo ogni volta che si presenterà.

Il fascismo è eterno, e per tal motivo anche l’antifascismo sarà eterno.





Jacopo Bernieri, Zucconi Sofia

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